Specialisti in Neurochirurgia Cranica e Spinale

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Le prestazioni di neurochirurgia possono essere eseguite sia in regime privato che con il servizio sanitario nazionale.

Specialisti in Neurochirurgia Cranica e Spinale

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Neurochirurgia Spinale

Sindrome di Chiari e Siringomielia

Quali sono i trattamenti oggi possibili per la sindrome di Chiari? E quali, invece, quelli praticabili quando si è affetti da Siringomielia?

Neurochirurgia 24 mette a Tua disposizione una consolidata esperienza nel trattamento di Sindrome di Chiari e Siringomielia: un’équipe di neurochirurghi di eccellenza che propone visite specialistiche e interventi mininvasivi presso la Clinica Villa Margherita a Roma.

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Sintomi, diagnosi e ipotesi terapeutiche

Che cos’è la sindrome di Chiari?

La sindrome di Chiari comprende un gruppo di complesse anomalie della fossa cranica posteriore, quella parte della scatola cranica dove sono contenuti il cervelletto e il tronco encefalico.

Cosa accade a chi è affetto da Sindrome di Chiari?

Le malformazioni di Arnold-Chiari sono associate ad un’erniazione (fuoriuscita di un viscere dalla cavità che normalmente lo contiene) del cervelletto e delle strutture attigue attraverso il Forame Magno, che collega il contenuto della scatola cranica con il canale cervicale spinale.

Durante gli esami di Risonanza Magnetica, ai quali si si sottopongono solitamente questi pazienti, si è soliti misurare in millimetri l’entità dell’erniazione dal forame Magno della parte più bassa del cervelletto (le cosiddette tonsille cerebellari). L’erniazione provoca un blocco della normale circolazione del liquido cerebrospinale e comporta quindi una serie di segni e sintomi dovuti alla compressione delle strutture nervose interessate.

Qual è l’incidenza di questa malattia?

Le malformazioni di Chiari sono considerate malattie rare (<1% della popolazione). Attualmente l’incidenza sta aumentando a causa della disponibilità di esami di Risonanza Magnetica sempre di maggior qualità, che permettono la diagnosi della malattia anche in casi di lieve erniazione. Per ragioni ancora non del tutto chiare queste malformazioni sono più frequenti nelle donne (frequenza tre volte maggiore).

Come viene classificata la sindrome di Chiari?

Le malformazioni di Chiari, tradizionalmente, sono suddivise in cinque tipi (CHIARI 0, I, II, III, IV), ai quali corrisponde un progressivo coinvolgimento delle strutture presenti in fossa cranica posteriore ed una gravità crescente della patologia.

La più frequente tra questa è la sindrome di Chiari I, spesso identificata come sindrome di Chiari dell’adulto: pazienti in cui è presente un’erniazione cerebellare (in particolare della porzione inferiore del cervelletto, le cosiddette tonsille cerebellari) di almeno 5 mm attraverso il forame Magno. Questo tipo di malformazione spesso viene diagnostica in seguito ai disturbi che il paziente lamenta e comunemente si associa a:

  1. siringomielia (50-70% dei casi), maggiormente a livello cervicale;
  2. idrocefalo (10% dei casi).

Quali sono le cause della patologia?

Da un punto di vista eziopatogenetico, sono molte le teorie che cercano di spiegare la patogenesi della sindrome di Arnold Chiari, tra cui:

  • la presenza di una fossa cranica posteriore piccola;
  • alterazioni nella dinamica del flusso cerebrospinale;
  • instabilità della giunzione craniocervicale;
  • anomalie genetiche.

Come si manifesta la malformazione di Chiari di tipo I?

I segni e i sintomi associati alla malformazione di tipo I sono spesso da imputare a compressione di strutture neurali da parte delle tonsille cerebellari erniate attraverso il forame Magno, e alla presenza di una eventuale siringomielia.

Disfunzioni del tronco encefalico e degli ultimi nervi cranici (circa 28% dei pazienti):

  1. Mal di testa in regione sotto-occipitale (sintomo più frequente): spesso aumentato da esercizio fisico, colpi di tosse, starnuti, tutte situazioni che aumentano la pressione intracranica e aggravano l’ernia. Spesso questo dolore si irradia fino ad arrivare in zona retro orbitaria;
  2. Fastidio indotto dalla luce (fotofobia), visione “doppia” (diplopia);
  3. Disequilibrio, vertigini, “giramenti di testa”, aumento o diminuzione della funzionalità uditiva, “fischi nelle orecchie” (acufeni);
  4. Nistagmo: movimento involontario, oscillatorio e ritmico del globo oculare verso il basso;
  5. Difficoltà a deglutire e a ingoiare il cibo (disfagia);
  6. Apnee nel sonno;
  7. Minore sensibilità al volto (ipoestesia);
  8. Atrofia di una parte o dell’intera lingua.

Disfunzioni cerebellari (circa 8% dei pazienti):

  1. difficoltà ad articolare le parole (disartria);
  2. incoordinazione;
  3. esecuzione alterata dei movimenti volontari, che risulta sproporzionata rispetto all’obiettivo (dismetria).

Sintomi dipendenti dalla siringomielia (circa 64% dei pazienti):

  1. Debolezza muscolare;
  2. Parestesie: zone di sensibilità alterata, spesso percepite come formicolii;
  3. Analgesia: mancanza della sensazione dolorifica;
  4. Spasticità agli arti inferiori: abnorme aumento del tono muscolare agli arti inferiori;
  5. Diminuita percezione del senso di posizione dei segmenti corporei: il soggetto, a occhi chiusi, ha difficoltà a riconoscere la posizione in cui vengono posti i suoi segmenti corporei da un’altra persona;
  6. Sensibilità dissociata: particolare evenienza in cui è presente la perdita della sensazione del dolore e della temperatura, con mantenimento della sensazione tattile;
  7. Incontinenza urinaria.

Quali sono i sintomi tipici della sindrome di Chiari di tipo II?

La sindrome di Chiari di tipo II presenta, anche in questo caso, segni e sintomi che sono da imputare alle cause esposte sopra. Sono presenti però delle differenze che riportiamo sotto:

  • Mielomeningocele (è presente quasi nel 100% dei pazienti);
  • nei bambini sono presenti maggiormente sintomi da danno del tronco encefalico (vedi sopra), ritardo di crescita, ipotonia (ridotto tono muscolare);
  • negli adolescenti spesso si presentano anche i danni cerebellari e siringomielici esposti sopra.

Come viene diagnosticata?

Il procedimento diagnostico comincia con un’accurata anamnesi, seguita da un esame obiettivo neurologico, volto ad evidenziare eventuali deficit neurologici. L’esame che meglio permette una valutazione della sindrome di Chiari è la Risonanza Magnetica. Questo test fornisce al medico informazioni anatomiche dettagliate e permette una diagnosi accurata nella maggioranza dei casi.

Nonostante ciò, molti pazienti con sindrome di Chiari rimangono oggi non diagnosticati e non trattati per molti anni. Nei casi dubbi lo studio RM può avvalersi di tecniche avanzate che analizzano la dinamica di circolo del liquido cerebrospinale. Questi studi possono aiutare nella valutazione del flusso del liquido cerebrospinale nella zona del forame magno e possono mostrare ostruzioni da parte delle strutture nervose erniate.

Che cos’è la siringomielia?

La Siringomielia indica la patologica formazione di una o più cavità nel midollo spinale, orientata lungo il suo asse maggiore. Spesso la cavità è situata in prossimità del canale centrale, che a volte è inglobato. La cavità, non rivestita da ependima, interessa, totalmente od in parte la sostanza grigia del midollo spinale. La sede più frequente è a livello cervicale e dorsale. Quando il processo cavitario si estende al bulbo si parla di siringobulbia.

Quali sono le “cause” della siringomielia?

La siringomielia è frequentemente associata con altre malformazioni, tra le quali ricordiamo la Sindrome di Arnold Chiari, la spina bifida, il meningocelie, il mielomeningocele, anomalie ossee della giunzione cranio vertebrale etc.

La siringomielia ha una prevalenza stimata di 8.4 casi ogni 100.000 persone, e si manifesta generalmente nei giovani adulti.

Come si presenta e quali sono i sintomi più frequenti?

Nella forma congenita, i sintomi di solito incominciano tra i 25 ed i 50 anni e possono peggiorare con qualsiasi attività che provoca fluttuazioni del liquor. In alcuni pazienti, comunque, si possono avere lunghi periodi di stabilità. In alcuni casi si associa un idrocefalo.

La la siringomielia può produrre:

  • dolore cervicale;
  • diminuzione della forza nei segmenti distali degli arti associata a disturbi sensitivi termo-dolorifici (agli arti ed alla parte più alta del torace, la cosiddetta “anestesia sospesa”);
  • disturbi trofici.

Ogni paziente presenta però una differente combinazione di sintomi.

Nella forma bulbare possono essere interessati vari nervi cranici e si possono realizzare anche disturbi di tipo vegetativo, mentre nella forma lombosacrale, i disturbi motori, trofici e sensitivi interessano gli arti inferiori e le parti basse del tronco e talora possono essere presenti disturbi sfinterici.

Sintomi possibili sono anche:

  • mioclono;
  • fascicolaizoni;
  • debolezza muscolare;
  • perdita di massa muscolare;
  • affaticabilità;
  • tremori;
  • crampi notturni;
  • spasmi;
  • distonie.

Nella forma acquisita i sintomi possono comparire mesi o persino anni dalla lesione iniziale.

Come avviene la diagnosi?

Come in ogni patologia, è fondamentale la raccolta dell’anamnesi e un attento esame obiettivo neurologico. Oggi grazie alla Risonanza magnetica nucleare la diagnosi definitiva di siringomielia è divenuta molto agevole. Questa metodica è in grado di dimostrare la presenza delle siringhe. Spesso si esegue anche l’elettromiografia, in caso di sintomi neurologici periferici.

Trattamenti possibili
siringomielia e sindrome di chiari

Terapie per la sindrome di Chiari I

Alcuni pazienti con sindrome di Chiari I sono asintomatici e spesso non richiedono un trattamento ma una condotta di follow-up attenta. Altri, invece, necessitano di intervento chirurgico.

Terapia medica per la riduzione dei sintomi

Alcuni sintomi della sindrome di Chiari I, come mal di testa e vertigini, possono essere migliorati con una terapia medica.In questo caso il paziente non guarisce dalla malattia (l’erniazione è ancora presente).

Intervento di decompressione chirurgica della fossa posteriore

Generalmente, quando i sintomi compromettono in maniera importante la qualità di vita dei pazienti o quando è radiologicamente evidente una condizione di siringomielia, si pone indicazione ad un intervento di decompressione chirurgica della fossa posteriore. Il razionale della chirurgia nella sindrome di Chiari I consiste nel creare più spazio in fossa posteriore, comportando una diminuzione della compressione del tronco encefalico e una migliore circolazione del liquido cerebrospinale verso il midollo spinale cervicale, con conseguente miglioramento dei sintomi.

Nella maggior parte dei casi il procedimento decompressivo migliora anche un’eventuale siringomielia, dal momento che si va a curare la causa della stessa.

Come avviene l’intervento per la sindrome di Chiari?

In sintesi, il procedimento chirurgico prevede l’esecuzione di una craniectomia decompressiva in regione suboccipitale (una porzione di osso in regione nucale viene asportato) per dare modo alla fossa posteriore, compressa, di aumentare il suo spazio.

Intervento di derivazione ventricolo-peritoneale

Nei pazienti che si presentano con idrocefalo, spesso si considera un intervento di derivazione ventricolo-peritoneale. Il razionale della procedura prevede di mettere in comunicazione, mediante un sistema di cateteri, i ventricoli cerebrali (dove è presente l’eccesso di liquido cefalorachidiano) e il peritoneo addominale, facilitando lo scarico del liquido cerebrospinale in eccesso dal cervello in cavità addominale, dove viene assorbito dall’organismo.

Terapie per la siringomielia

La scelta del trattamento chirurgico dipende dalla causa sottostante.

Quando è necessario l’intervento chirurgico?

Nei casi con malformazione di Arnold-Chiari si effettua una decompressione occipito-cervicale. Se la causa è un tumore si esegue l’exeresi della lesione tumorale.

In cosa consiste l’intervento?

Si interviene chirurgicamente con l’inserzione di un shunt nei casi gravi. L’intervento chirurgico consente di drenare la siringa, abbassando la pressione sul midollo spinale, mediante il posizionamento di shunt fra la siringa ed il canale midollare o fra la siringa e la cavità peritoneale.

In casi “stazionari”, in cui la malattia non progredisce si può optare per una terapia di controllo del dolore, tramite terapia farmacologica e terapia fisiokinesiterapica.